giovedì 17 gennaio 2008

"Perciò amami adesso, l'Inferno sta arrivando... l'Inferno è qui"

Stamattina ho trovato questo. Nascosto in uno dei miei libri, un foglietto contenente queste parole. Non mi meraviglio di tale nascondiglio, le pagine dei miei libri sono solite contenere i miei segreti. Solo che di questo ne ho rimosso del tutto il motivo. Il perchè, il come, il quando. Sono sicura che sia recente e che in origine fosse una canzone, una bruttissima canzone, non sapendo io nè suonare, nè cantare. A chi l'avevo indirizzata? Chi/cosa mi aveva fatto arrabbiare/intristire tanto? Ho solo la vaga sensazione che fossero un insieme di entità diverse, non un unico essere contro cui prendermela. Oggi comunque non ho tempo di ricordare, devo studiare.

Soffia il vento tra la pioggia
e punge e tocca e accarezza i nostri corpi.
Rimbomba il cuore nel mio petto
e frastuona i rintocchi dei miei pensieri
col suo suono possente, emesso avidamente.

Per la gola risale, per le labbra riappare
e nei tuoi occhi lo possiamo specchiare,
ma tra le mie braccia sole lo potremo curare,
perchè il mio animo è sventrato
da quando insolente te ne se sei fuggito.

A lungo ho navigato sotto il sole stellato,
passo dopo passo ho fragilmente volato,
di albero in albero ho sull'asfalto sciato
e al cancello del tuo oblio ho infine sostato.
Ore ed ore sembravo aver passato
quando invece solo pochi istanti ho avanzato.
E volti lo sguardo a ciò che è stato
a ciò che volevo e non ho mai avuto,
a ciò che ho sognato ed è subito svanito.

Allucinata, trovo le chiavi,
ma la serratura è difficile da penetrare:
è il buio che ho nell'anima che non mi vuole fare entrare.
Così mi rivolto su me stessa,
quasi volessi danzare, ma nè alla grazia
nè alla delicatezza potevo asprirare.
Solo ritornare a quello stato infernale,
solo rispolverare quel magone di vivere
che da anni espongo quale tetro segnale.
Solo riaccecarti di dolore: è tutto ciò che puoi fare.
Non si cambia una vita, se nessuno ti sa amare.

mercoledì 16 gennaio 2008

"A Poetic Retelling Of An Unfortunate Seduction"

Dove sono? In che mese mi trovo?”- Mi alzo dal pavimento gelido. Sento di essermi appena svegliata, ho ancora gli occhi appannati. Li strofino ferocemente, presa da un raptus di agonia - “E’ quel dormiveglia che ti annienta lo spirito“, penso.
Già, perché sotto le palpebre quelle visioni sono ancora vive, benché coscienti di esser sul punto di esalare il loro ultimo, affannoso respiro. Come tutti i moribondi infelici di dover passare a miglior vita, anche loro lottano per sopravvivere.
Non ho ancora terminato i miei studi di legge, ma oggi sarò giudice, toccherà a me emettere la loro sentenza. “Non conosco bene i fatti... Li vedo danzare qui davanti a me, ma non li ricordo veramente” - Oso contraddirmi. “Un buon giudice non lo farebbe mai” rimprovero a me stessa, mentre rintronata mi tocco la testa, quasi per addurre al mio cospetto, unica Corte di giustizia, una qualche prova della mia esistenza.
Non è da molto che sono tornata, non ho passato molto tempo via da qui“ - Di nuovo, delle macchie puntiformi sui miei occhi mi catapultano al di là di quanto mi è dato sapere. Sono a terra.
Una scossa elettrica mi attraversa le membra, sento il cervello come in fiamme. Apro gli occhi: buio. Ho la faccia spiaccicata sulle mattonelle e le mie labbra socchiuse si ringalluzziscono per la polvere che hanno involontariamente ingoiato. “Hum hum, hum hum” - tossisco disperatamente e al contempo mi ritrovo il viso colmo d’acqua salata - “Piango per spegnere le vampate di fuoco”- penso attraverso il mio corpo, in quanto la testa è posta subito a riposo - “Piango per non arrossire”.
Sento le parti di me come disgregarsi in tanti piccoli puzzle. Se li ricomponiamo tutti otteniamo dei pezzettini di me, e se li assembliamo, forse ritorno integra.
Non sento la verità” - blatero - “Non la sento”. Ho focalizzato troppo a lungo quei puntini: come il mio corpo, anch’essi si ritrovano a sé stanti dalla massa. “Il tutto per il niente. Il niente quale tutto”, osservo con naturalezza, mentre tento di sedermi per poi rialzarmi, come un bimbo che muove i suoi primi passi. Solo che ritrovo il soffitto quale suolo e le piastrelle quale tetto: “Credo di essere capitombolata”.


Un ulteriore tentativo di rinascita da tale stato comatoso, mi spinge a ripetere l’inconsueta operazione. Sì, credo di reggermi sulle piante dei miei piedi, ora.
Cosa mi è successo? Chi mi ha fatto questo?” - il solo fatto di pormi dei quesiti sarà pure un buon segno. La mia vista si accorgerebbe di quanto la testa mi stia girando, se solo non avesse fisse davanti a sé quelle immagini. “Ma cosa significa!” - grido a più non posso, strimpellando stonata delle note di voce a mo’ di canzone. Il motivetto sembra non trovare seguito nella mia mente, e come una hit non gradita al pubblico, rimane impietrita in quell’unico istante in cui viene condivisa. In quel momento, ero la spettatrice di me stessa.
Now I know a disease that these Doctors can’t treat. You contract on the day you accept all you see is a mirror and a mirror is all it can be, a reflection of something we’re missing.
Voglio fare le cose per bene. Non so da quale forza mistica sia ora posseduta, ma ne voglio venire a capo. “Specchio” - chiamo ad alta voce, nell’illusione delirante che mi possa ascoltare e che possa rispondere al mio invito il quale, se mi aveste sentito, avreste scambiato per un ordine.
Perentoria nei toni e nei movimenti mi trascino tra le stanze della casa, e mano a mano che avanzo mi sento sempre più piccola e come all’interno di un vasto intricato labirinto. Selvaggia, roteo su me stessa, accompagnandomi nella danza al moto vertiginoso della Terra, quale fittizia fonte della mia flebile energia. E la rotatoria che delineo quale scarsa ballerina compone indisturbata le sue figure, proiettando nello spazio vuoto della memoria, immagini corporee e sfocate.
Quale amante della musica, odo melodie mute. La loro sordità non ne assorbe il significato - “Mio unico elemento di certezza, amica delle notti più tetre” - riconosco tutt’altro che stupita, producendo suoni per nulla melodiosi, ma striduli e assordanti per lo strisciare delle punte sulla terra.
Lentamente mi accosto alla fredda finestra della stanza in cui sono or ora finita. “Tutto quel girare mi ha condotto qui” - fatalmente ammiro. La mano destra, ancora tremolante per effetto dell’appena trascorso volteggiare, si fa ansiosa e assetata, e con uno scatto istintivo scosta a lato la dorata tenda che sovrasta la vetrata.



E’ ruvida al tatto, e un po’ me ne accorgo. Bene, i miei sensi stanno rinvenendo da quell’anomalo stato di quiescenza presto tramutatosi in delirio. La dorata tenda è di un materiale trasparente: volendo, si può intravedere cosa vi sia al di là. Io però ne ho abbastanza di questi vedo-non vedo, di questi ambigui indizi disseminati davanti alle pupille dei ricordi, di questi puntini privi di un insieme - “No, voglio trasparenza”.


Con fare smanioso completo l’opera. “Eccola la trasparenza del vetro” - sorseggio, assetata di verità.
Fuori, i colori delle illuminazioni allietavano la notte. Gli alberi in festa erano addobbati con grazia e i balconi delle case al di là della via splendevano iridescenti nella loro spensieratezza. Ad un tratto, noto il mio riflesso. Come un ritratto alquanto opaco, mi fissa sentenzioso. “Pronunciati, ti ascolto” - sussurro mentre sosto nel limbo tra me e me.
Mi ritiro nell’attesa.
All’improvviso, un flash. Tutto mi appare chiaro. Non ho bisogno di parole per comprendere una canzone strumentale, solo concentrazione. Se chiudo gli occhi, ora, o se li apro, vedo esattamente la stessa immagine, malinconica e felice in un solo colpo. Le chiazze puntiformi si erano riunite in collegio e avevano decretato, per me, la loro limpidezza.
Finalmente la vista aveva ripreso a funzionare, e con lei, tutto il mio corpo. Era semplice, ora: “Oh we're so very precious, you and I. And everything that you do, makes me want to die”.
Per la prima volta, ero stata innamorata.

mercoledì 2 gennaio 2008

...'Cause I've Been Feeling Sentimental For Days Gone By

Manco da un po' su queste pagine nere. Manco a me stessa, evidentemente. "Well, I have locked my actions in the grooves of routine, so I may never be free of this apathy"; la foga della quotidianità ti annebbia la vista. Ti cotringe a rimandare ciò che senti ora a data da destinarsi. Ti obbliga a procrastinare i pensieri, i sospiri... perlomeno quelli scritti. Già, perchè, nonostante la furia della routine, non ci è dato liberarci dalla trappola di preoccupazioni che attanagliano la nostra mente, impegnata per suo conto in ben più serie attività. "Caught in a trap that you cannot escape": questo verso risuona spesso dentro di me; in fondo è inevitabile darsi in pasto al destino e... "and it isn't exeptional the course of our fate, 'cause people love and they hate, and I guess it's just our turn to hate".

Un altro anno è passato. Morto. "And these clocks keep unwinding and completely ignore everything that we hate or adore. Once the page of a calendar is turned it’s no more. So tell me then, what was it for? Oh tell me, what was it for?" . Conor sembra essere ossessionato dal passare del tempo ed io, quale amante appassionata delle sue liriche, non posso che assorbire tutte le sue paure - oltre che inspessire quelle che già risiedono in me. Sarà per questo che spesso le mie amiche hanno trovato controproducente la mia profonda dedizione ai Placebo. Ma che posso dire? Questo è semplicemente il mio modo di amare. Sarà sbagliato e deleterio, ma d'altronde è sempre amore e da "hopeless romantic" quale quella che sono, non posso che pensare che l'amore abbia sempre ragione.

Così mi ritrovo a immaginare catastrofi, e, come contrappeso, a pianificare salvezze. Temo per quel giorno che prima o poi verrà, non so quando, ma verrà: "They say they don't know when but a day is gonna come, when there won't be a moon and there won't be a sun. It will all go black, it will all go back to the way it was before [...] It will all go black. It will all go back to the way it is supposed to be". Dove sarò io allora? Dove sarò? Sarò ancora qui a testimoniare la mia fine? "To shed this skin, be born again, it starts with an ending". In un magico istante mi vedo ridiventare polvere di stelle e celebrare il mio inizio attraverso la mia fine: "Now I'm staring at the sun, waiting for it to explode, because a day is gonna come, don't know when but it will come. And we'll finally know the way out of here... And I'll throw away this wrinkled map, and my chart of stars and compass, cracked. And I'll climb that tree all wet with sap to avoid the hungry beasts below. I'll cut out my lover's tongue and sing of a graveyard gray and a garden green. And we won't have to worry no more, no we won't have to wonder again about how this song or story ends, about how this song and story will end".

Per un attimo ho sentito l'esplosione, sapete? A ritmo sempre più intenso, le mie pulsazioni sono arrivate alle stelle, sino a diventare parte di quel botto finale e al contempo primordiale che rigenera l'universo in un nulla eterno, buio e vuoto: "When the planets will align, there will be no planets to align, just the carcass of the sun and little painted marbles spinning senseless through an endless black sky".

So che fanno raggelare il sangue, ma non abbiate paura di queste mie considerazioni da epilogo eterno perchè, ora, ho capito, "I almost forgot who I was, but came to my senses": le parole di Conor non sono la morte, ma la vita! "No matter how I may wish for a coffin so clean or these trees to undress all their leaves onto me. I put my face in the dirt and then finally I see the sky that has been avoiding me": non è chiaro anche per voi, ora? Mai come in questo momento sono riuscita ad essere così coscientemente all'interno di questi ultimi versi. Quasi avevo dimenticato, ma tutto mi riappare cristallino. Non importa quanto possa desiderare o temere una via di fuga assoluta da questo mondo così complicato e meschino ("from the madness of the government, to the vengeance of the sea"), appena sotterro la mia faccia nel fango ecco che finalmente riesco a scorgere il cielo, quello bello e azzurro, che ha da sempre voluto miseramente evitarmi. Tale miracolo è creato per me dalla penna dell'artista, dal suo genio e dalla sua bellezza. "So close to dying that I finally can start living". E ancora una volta torniamo a parlare del ruolo della musica all'interno della mia vita. Io mi sento come inchiostro, nelle sue mani da disegnatore. Mi sento nylon sulla sua chitarra classica, e metallo su quella acustica, folk ed elettrica. Mi sento amplificatore sul legno del suo palco, e mi sento nota sulle sue labbra da poeta. Sorrido, ora, ripensando a queste mie parole, poichè è probabile che il Conor tredicenne, se potesse concretizzarsi qui davanti a me, direbbe: "And me I'm in my bedroom, drawing in my notebook 'cause my hand thinks I'm an artist, but my heart knows I'm a poet. It's just words they mean so little to me, so little to me, so little to me...". Così tanto tempo è passato da quel "daddy's in the backyard, his hands are getting dirty, and momma's is in the kitchen and her cake says that I'm thirteen. Another year". Il Conor quasi ventottenne oggi, invece, prende atto di essere la meraviglia che è, ma ancora non si spiega il perchè e, anzi, vive il suo stato quasi come una maledizione: "All this automatic writing I have tried to understand, from a psychedelic angel who was tugging on my hand. It's an infinite coincidence, but it doesn't form a plan". Il tempo avanza, scandito dalle mani di un pazzo, al suono di tamburo ("Time marching on to a madman's drum") e noi non possiamo farci niente, siamo impotenti di fronte alla reale grandezza dei fenomeni. Il massimo a cui possiamo aspirare è realizzare di esserci e perciò non sprecare il tempo che ci è dato gratuitamente a disposizione. Parole sante, Conor. Il 2007 è acqua passata, il 2008 un drink ancora in preparazione. Non ci resta che festeggiare, allora, la nostra nuova consapevolezza: "And so I raise my glass to symmetry, to the second hand and its accuracy, to the actual size of everything, the desert is the sand. You can't hold it in your hand, it won't bow to your demands. There's no difference you can make, there's no difference you can make. And if it seems like an accident, a collage of senselessness, you aren't looking hard enough. I wasn't looking hard enough... at it".

Tutto questo mi fa credere all'esistenza di un destino. Sì perchè, se guardo indietro, quanto di bello abbia ricevuto dall'anno appena trascorso lo sento come premeditato da una mente suprema. Certo, quanto a numeri, le esperienze da favola non superano le dita di una mano, ma alla fine so che come la tristezza più ostinata, rimarranno dentro di me per il resto della mia vita: "Well I've cried, and you'd think I'd be better for it, but the sadness just sleeps and it stays in my spine for the rest of my life". Credo fermamente a chi sostiene che la vita ti risponde dopo anni (grazie alla mia amica Elisa per avermi aperto le porte verso l'orizzonte di Baricco) poichè "all in time, clocks keep waving their hands, doing all that they can to get our attention, but... the days fly away" . Non importa quanto gli orologi della nostra vita riescano a sbracciarsi, sventolando verso di noi le loro lancette nel disperato tentavivo di indirizzarci grandi moniti. Noi siamo sordi al loro ticchettare... "Tick Tock... Tick Tick Tick Tick Tick... Tock!" cantano Brian (Molko) e David (Bowie) con le loro voci incantate come la strana infatuazione che sembra impreziosire la marea della sera. Solo dopo anni, quando colui che intreccia i fili di questa blanda esistenza lo riterrà opportuno, ritroveremo la strada per la verità, e molto di quanto ci appariva come un collage di insensatezza, risulterà essere un' amabile ritrovata scoperta. "I... take the plan, spin it sideways": possiamo fare la differenza, possiamo amare, possiamo essere amati, poichè in fondo tutto quello che vogliamo è questo, "we have a problem with no solution but to love and to be loved", pur comunque nella consapevolezza che nanche quel genio della mia adorata Elisa potrebbe risolvere questo quesito così artisticamente algebrico. Non è colpa tua, non è colpa mia, non è colpa di nessuno. Ma tutto questo ha un senso, eccome se ce l'ha: "We'll just keep working on the problem we know we'll never solve of Love's uneven remainder, our lives are fractions of a whole...". Non arriveremo mai alla soluzione, è vero, ma non importa... la risposta non sta nello scioglimento del dubbio, bensì nel tentativo di trovarla. Non è una conclusione fantastica? Insomma, è come un tocco di magia in istanti grigi e bui. Come direbbe Céline a Jesse, seduti su delle travi abbandonate in un vicolo di Vienna: "You know, I believe if there's any kind of God, it wouldn't be in any of us. Not you, or me... but just this little space in between. If there's any kind of magic in this world, it must be in the attempt of understanding someone, sharing something. I know, it's almost impossible to succeed, but... who cares, really? The answer must be in the attempt."


Detto questo, posso realmente pensare di aver trovato Dio. Il 2007 mi ha fatto ritrovare Conor, dopo anni di amore tacito... "I don't remember waking up that Sunday. I don't think I ever slept. I just sat there thinking, "God damn, this must be what praying is like." Già, ecco come pregare dev'essere: una comunione spirituale con la Verità... ed io vorrei gridare al mondo di averla trovata: "If I could just speak up I think I would say that there is no truth. There is only you and what you make the truth". In altre parole: "You're the truth, not I". Altro prodigio dell'anno: due concerti strepitosi, i quali, da soli, meriterebbero mille post cadauno: in ordine cronologico, 30 Seconds To Mars e Placebo. Davvero i due giorni più belli di tutto l'anno, giorni in cui "he'll be smiling as he seals my fate, when the Brakeman turns my way". Un anno, questo, tutto pieno di amicizia; mai come in questo anno non ho pensato: "You said you hate my suffering, and you understood, and you’d take care of me. You'd always be there. Well, where are you now?". Quest'anno i miei amici, quelli veri, non mi hanno lasciata sola. Mi hanno capita. Mi hanno coccolata. Mi hanno amata. Sarò loro sempre grata di questo. Infine, tra le ultime pagine del calendario, un giorno di Novembre ha voluto regalarmi quel caldo respiro a cui aspiro da anni nella solitudine della mia cameretta, il che si può sintetizzare così: "Just give me November, the warmth of a whisper in the freezing darkness of my room". Un gioco di sguardi, un intreccio di destini, una canzone dalle liriche infinite, una speranza risorta dalla terra in cui giaceva defunta. Un addio, un arrivederci, un saluto silenzioso. Un a tra poco, un a mai più: "You could never understand the motions of a hand waving goodbye. But as the story goes, or it is often told, a new day will arise and all the dance halls will be full of skeletons that are coming back to life" ...Dall'inconsapevolezza alla realizzazione: "Soon all the joy that pours from everything makes fountains of your eyes because you finally understand the movement of a hand waving good-bye".


Vorrei piangere, ma non serve. Vorrei disperarmi, ma a che pro? D'altronde: "I've made peace with the falling leaves, I see their same fate in my own body. But I won't be frightened when I am awoken from this dream and returned to that which gave birth to me. Gave birth to me, gave birth to me, gave birth to me! And the story goes, and the story goes, and it goes on and on and on and on...". La storia continua, ed io sono curiosa di "sapere come questa canzone o questa storia finisce, come questa canzone o questa storia finirà": "So I am writing my own ending. I’ll let my pen bleed black or blue. And I will color in the meaning. It will be gold and green and true. And I’ll learn to love my new discovered proof... I’ll be grateful for this day. I will be grateful for each day to come".

venerdì 26 ottobre 2007

Happy Birthday To Me (Oct 27)

Ricorrenze. Sono così tanto importanti? Tutto ciò che mi viene da dire è: no need to focus when there's nothing that's worth seeing. Eppure so già che -ancora una volta- non sarò coerente con me stessa. Ancora una volta darò adito alla mia natura contraddittoria, mettendo a fuoco questi pensieri che non valgono la pena di essere esaminati; ciononostante -c'è da dirlo- it's too hard to focus through all this doubt, I keep making this to-do list but nothing gets crossed out...

Voglio dedicarmi una canzone. Lo faccio sempre, sapete? Io mi dedico sempre canzoni. Fosse per me, potrei dire di essere la protagonista di tutte le poesie di Brian e Conor, come se fosse da me che hanno tratto la loro ispirazione, come se per un momento effimeramente eterno io mi tramutassi nella loro musa, assumendo l'ameno ruolo di ideale supremo dell'arte. Quando dico ameno potrei anche dire esorcistico, e benchè si possa pensare che i due attributi tra loro contrastino, io, al contrario, li vedo profondamente legati. Ritengo infatti con fermezza che la poesia funga da miglior antidoto contro il dolore, riuscendo essa, per mezzo della sua forza liberatrice e nobilitante, a purificare i disperati dai loro demoni. In una frase: all this death must need a counterweight, always someone born again.

Anche i compleanni hanno la loro colonna sonora. Annualmente c'è sempre qualcuno che ti dedica il tanti-auguri-a-te, così oggi voglio fare le cose in grande e dedicare a me stessa un tanti-auguri-a-me, ma non sarà quello stesso ritornello gioioso a cui ci hanno fatto abituare, no; sarà una sinfonia di bassi, grevi e taglienti, tragici come piacciono a me: "All eyes on the calendar, another year I claim of total indifference. To here, the days pile up with decisions to be made, I'm sure all of them were wrong into this song, I send myself, and with these drinks I plan to collapse and forget this wasted year, these wasted years, well, devoted friends, they disappear. And I'm sorry about the phone call, and needing you, some decisions you don't make, I guess it's just like breathing and not wanting to, there are some things you can't fake. I guess that it's typical to cling to memories you'll never get back again, and to sort through old photographs of a summer long ago, or a friend that you used to know. And there, below his frozen face, you wrote the name and that ancient date, that ancient date. And you can't believe that he's really gone, when all that's left is a fucking song. I'm sorry about the phone call and waking you. I know that it is late. But thank you for talking, because I needed to. Some things just can't wait". Domani questo capolavoro risuonerà nelle mie orecchie come un'acid lullaby - se mi è consentito prendere a prestito questa espressione di Brian, così perfettamente calzante con quanto voglio raffigurare.

Non avrò bisogno di cercare la parole adatte per descrivere la mia depressione, esse mi sono state presentate su di un piatto d'argento come dono di questo mio ventesimo anniversario di vita - che probabilmente sarebbe meglio definire apatia. Chi ha inventato le feste di compleanno? Chi diavolo ha avuto questa terribile idea? Presumibilmente qualcuno che era felice, qualcuno che voleva condividere col resto del mondo la fortuna di aver preso parte a questa giostra terrestre. Io, che decisamente non provo empatia per tale essere creatore di questa giornata di festa, ho però qualcosa in comune con lui: anch'io sento il mondo che gira. Ruota quotidianamente sul suo asse, in una danza che però mi fa venire le vertigini: "And the world’s got me dizzy again. You think after 22 (20) years I’d be used to the spin. And it only feels worse when I stay in one place, so I’m always pacing around or walking away". Oppure, per ricollegarmi alla metafora della giostra: "Well the future's got me worried, such awful thoughts. My head's a carousel of pictures, the spinning never stops".

Troverò un rimedio: so tonight to celebrate I will poison myself , domani sera per festeggiare mi avvelenerò di nuovo, oscurando la mente di pensieri color nero corvino (raven thoughts blacken your mind until you're breathing in reverse) così da perdere i sensi per poter finalmente dimenticare "questo anno sprecato, questi anni sprecati". Gli occhi sono puntati sul calendario che, come nel titolo di una meravigliosa canzone di Conor, si impicca da solo, evidenziando il suo incessante avanzare. I giorni passati sono defunti: and now it all seems so familiar, like pages turned on calendars, we get the same twelve months to fuck things up, year after year. Non l'ho mai programmato, ma è così che va. Se solo potessi disfare questa trama che mi va stretta, la ricucirei più accuratamente e tenterei anche di non pungermi più le dita, perchè so che fa male: "If you could change your days arranging them in some sweet new sequence, like any new arrangement's gonna make a difference, 'cause it's the moment that you're living in, and not the one that follows, that makes this mess you're cleaning in your head. And time still drags you forward, though you keep resisting...".

Forse rimpiango un passato fanciullesco in cui il mondo era solo una bella favola raccontata la sera prima di andare a dormire. Ora tutto è cambiato: as the day disappears from the sky, into night, we became what we wanted to be, like a dream or a ghost. Più verosimilmente mi trasformo nel fantasma delle mie paure, il quale spesso si incarna in lacrime possenti, represse il più delle volte per non fare del male alle persone che ti circondano. Condividono, con lo spettro che rappresentano, la sua impercettibilità, infatti tanto quanto esso è invisibile, tanto queste sono mute, ma ciò non significa che non esistano. Esse scorrono (the desperate are water, they’ll run down forever as they soak into silence, and end up together in a dark and distant place) e sulla pelle che le ha accolte lasciano un segno, il quale assume le sembianze di una lettera contenente al suo interno parole di sconforto: "and I wrote a letter to my family, said it's not your fault, and you've been good to me. Just lately I've been feeling like I don't belong, like the ground is not mine to walk upon. And I sat watching a flower as it was withering, I was embarrased by its honesty. So I'd prefer to be remembered as a smiling face, not this fucking wreck that's taken its place. So please forgive what I have done, no you can't stay mad at the setting sun, 'cause we all get tired, I mean eventually there is nothing left to do but sleep"... e così ti addormenti, entri in uno stato di baratro totale e, al contempo, di fine consapevolezza: "I know I can’t keep living in this dead or dying dream".


Quando tutti ti ricordano che un altro anno è passato, non puoi esimere te stessa dal tirarne le somme:"
You nod in an acknowledgement of your frequent mood swings, yeah what good's an acknowledgement, it still don't change things. We tried all forms of encouragement, but it's still no better: you just can't seem to fake or force a smile, not even a little one". Conor me lo dice anche nel mio tanto amato tanti-auguri-a-me, I guess it's just like breathing and not wanting to, there are some things you can't fake...


Unica correzione che dovrei apportare a questo capolavoro per renderlo del tutto conforme a quanto io provo sarebbe l'aggiunta del tempo passato al verbo 'disappear'. Amici che si dichiaravano devoti sono spesso svaniti nel loro vanishing act, senza preavviso, senza motivo, ma oggi come oggi posso ritenermi fortunata sotto questo aspetto. Credo che se non avessi vicino i miei amici, alcuni in particolare (tu sai che sto parlando anche di te) ora mi sentirei oppressa totalmente: I know you try to play it cool but there are some thoughts you just can't hide. Only in your closest friends would you confide. Fino a pochi anni fa mi capitava spesso: in the middle of drinks, maybe the fifth or the sixth, I'm completely alone at a table of friends, I feel nothing for them. I feel nothing, nothing. Ora invece non vedo l'ora che arrivi domani solo per incontrarli. Non muoio dal desiderio di festeggiare me stessa, bensì la loro amicizia: I'll get home and meet my friends at our favorite bar. We'll get some lighter heads for our heavy hearts. And we will share a drink. Yeah we will share our fears and they will know how I love them. They will know how I love. They will know how I love them. I am nothing without their love.

Le ore scorrono. La mezzanotte si avvicina. Mi voglio fare un ultimo augurio di buon compleanno con una strofa che riassume come per incanto quest'intero mio post -che tra l'altro scommetto sia di ancora più difficile comprensione rispetto ai precedenti, essendo questo strutturato soprattutto sul collegamento tra diversi capolavori musicali, tutti dei Bright Eyes ovviamente:
"You can't capture this with camera clips, no, it don't exist. Just light on negatives, another candle on a birthday cake, and a wish you make. Well, if the costume fits, keep wearing it, but no Halloween could quite account for this. I guess you're getting into character, or just be yourself, if that would help, or sink completely into someone else. You dreamt of mountains but sometimes a hole is more comfortable".

sabato 13 ottobre 2007

Una Paura, Uno Specchio, Un'Oscurità

Basta un semplice click sull'interruttore del mondo per sentirmi più a mio agio. Sono sola. La casa è vuota, ed io mi sento finalmente libera. Dopo un intero pomeriggio, trascorso con la musica in sottofondo, giunge il tanto atteso tramonto che, come un'ampia tenda color rosso vermiglio, si schiude verso le due estremità, predisponendo la scena a che l'attore principale possa cavalcare il palcoscenico, deliziando gli spettatori con la sua innata maestria: è il buio che ha fatto il suo ingresso.

Sono l'unica spettatrice stasera, perlomeno l'unica in carne ed ossa. Infatti non mi sento in solitudine, anzi, stavo proprio attendendo questo oscuro momento per poter invitare i miei ospiti incorporei a danzare e cantare insieme a me. Mi siedo a terra. Le piastrelle sono fredde, ma stare a contatto col suolo mi ricorda di come sono soggetta alla gravità - "Gravity, no escaping gravity, Gravity, no escaping... not for free", oppure, "I’ve seen a child, he's caught in the sad trap of gravity. He falls from the lowest branch of the apple tree and lands in the grass and weeps for his dignity. Next time he will not aim so high. Yeah, next time, neither will I". Ed inoltre il pavimento è l'ambientazione dei versi di molteplici canzoni, e scegliendolo io stessa come poltrona su cui sedere, non faccio altro che tentare di entrare nella trama di quelle canzoni, come se ne fossi davvero io la protagonista. Un esempio, uno dei miei preferiti a riguardo: "We made love on the living room floor, with the noise in the background from a televised war, and in the deafening pleasure I thought I heard someone say 'If we walk away, they’ll walk away'". Il piacere è assordante, sì. Ma in realtà Conor è altrove...


Il volume è altissimo, eppure io lo alzerei ancora di più, se solo non esistesse l'odiato vicinato. Ma nonostante questa considerazione, non sto facendo cattivi pensieri. Non potrei mai, non ora. Ora ho quello che voglio e mi sento bene. Le tende del soggiorno sono aperte, ma dal giardino di fronte non entra tanta luce: sono al buio lo stesso. Mi viene voglia di benedire questa dannata oscurità... Tutto è molto più gradevole così e anch'io mi sento parte di quel tutto: "Our lives are fractions of a whole". Vedo riflesse sulla parete le ombre delle inferriate che intrappolano le finestre, e mi sento ancora meglio perchè "it's a mirror and a mirror is all it can be": su questi muri vedo il mio destino proiettato, ma tali barriere non mi recludono per il semplice fatto che mi sto vedendo specchiata nella loro essenza... finalmente io ci sono... come potrei mai rinnegare la vera me stessa? Mi sto dissolvendo nelle tenebre e ne sono felice: "My joy is covering me; soon, I will disappear". Che incanto.

Ho messo su Fevers and Mirrors. Anche se nell'arco della giornata l'ho già ascoltato due volte, sento ancora il bisogno di immergermi in questo album. Voglio lasciarmi cullare dalla perla iniziale ( "A Spindle, A Darkness, A Fever And A Necklace") come se fosse la prima volta. La musica fa il suo ingresso in scena poco prima che il bambino -probabilmente messicano- termina la prima parte della sua dolce lettura. Subito dopo, uno splendido dono: Conor. In questa canzone la sua voce è in primo piano e, benchè la melodia che l'accompagna è di quanto più soavemente malinconico esista, sembra che la sua voce la sovrasti in una meravigliosa sovrapposizione. Spesso la sua voce proviene da lontano, oppure da un'adeguata distanza 'scenica'. Qui invece è vicina, così vicina da alimentare il mio desiderio di stargli accanto. E visionaria come sono, lo sento sussurrare alle mie orecchie, e mentre le mie labbra seguono le parole delle strofe, vivo un misto di impersonificazione e di coinvolgimento verosimilmente fisico: è come se stessi cantando tramite la sua voce, in quanto ogni suono che esce dalla mia bocca è muto se visto da una prospettiva esterna, ma è esattamente lo stesso che si sente provenire dalle casse dello stereo, se vissuto dalla mia angolazione, dentro di me, in prima persona. Io divento lui e lui diventa me. Ci fondiamo sino a divenire un'unica realtà, così da pensare ai suoi melodiosi bisbigli come entità realmente esistenti, lì, al mio fianco. Però non saprei ben indicare a quale mio orecchio si sia avvicinato. Sento provenire la sua voce da entrambi i lati, in egual modo. Ma è tutto così vero che mi lascio abbracciare dal tepore delle sue note, incurante di trovar loro una concreta fonte di provenienza. Infatti "all I do is kiss you through the bars of a rhyme": nulla potrebbe raffigurare questo momento in maniera più perfetta di questo ossimoro. D'altronde le emozioni che sto vivendo ora sono contraddittorie e quel verso sembra inserirle in maniera paradossale all'interno della medesima espressione: ecco formato l'ossimoro, 'condicio sine qua non' la mia vita non esisterebbe per nulla.
Ma mi risuonano nella mente ulteriori versi che potrebbero illustrare alla perfezione quello che sto sentendo ora sulla mia pelle, che -vorrei ricordare- essere uno spreco di pelle: "How I wish, how I wish you were here. We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year, running over the same old ground. What have we found? The same old FEARS. Wish you were here."

Continuo a fluttuare nel buio, benchè abbia ancora i piedi ben piantati a terra. E' il soffice cuscino di note su cui siedo che con un incantesimo, di cui conosco perfettamente la formula, tramuta se stesso in un confortevole tappeto volante e me nella sua gradita ospite. Mentre lascio penetrare nelle mie ossa ogni singola onda sonora che divampa nella buia stanza in cui mi trovo, apro gli occhi. Il buio non è pesto, si intravedono delle forme. Ma non faccio in tempo ad accorgermene che Conor subito me lo fa notare, parlandomi a fior di labbra: "So we imagine a darkness where all shapes divide, solids changing into light, with a burst of heat so bright".Tutt'intorno, oltre a quel gioco di luci (poche) e ombre (molte), si notano i luccichii dello stuolo di orologi che invade la mia sala. Alcune sono rosse come il fuoco, altre più giallognole, ma tali luci custodiscono tutte, senza segreto , la stessa tragica verità: "And these clocks keep unwinding and completely ignore everything that we hate or adore. Once the page of a calendar is turned it’s no more. So tell me then, what was it for? Oh tell me, what was it for?". Anche il pendolo, il cui scintillio nasce dal suo eterno muoversi avanti e indietro, batte come un cuore che invecchia: "Well the clock’s heart it hangs inside its open chest with its hands stretched towards the calendar hanging itself".

La canzone è cambiata e la mia malinconia viene ad essere nutrita di nuovi suadenti versi. Voglio però concludere questo post con una punta di speranza, così da rendere giustizia alla canzone, che termina con queste parole: "but I will not weep for those dying days. For all the ones who've left there's a few that stayed. And they found me here and pulled me from the grass where I was laid".

giovedì 4 ottobre 2007

A POST to Say Goodbye

Fino all'ultimo ho sperato di aver capito male. Speravo per un momento di non essere più in grado di comprendere alcuna parola d'inglese -ebbene sì, il mio amore per i Placebo potrebbe sopportare anche questo enorme sacrificio- ma purtroppo il messaggio era chiaro e non concedeva fraintendimenti: Steve non sarà più parte della band.

Ecco le parole che sono state scelte per comunicare a tutto il mondo la notizia:

Placebo have parted company with drummer of 11 years, Steve Hewitt, due to personal and musical differences.
Brian Molko commented "Being in a band is very much like being in a marriage, and in couples - in this case a triple - people can grow apart over the years. To say that you don't love your partner anymore is inaccurate, considering all that you've been through and achieved together. There simply comes a point when you realize that you want different things from your relationship and that you can no longer live under the same roof, so to speak."
The split is amicable and a sad time for both parties. Steve Hewitt replaced Robert Schultzberg behind the drum kit in 1996 whilst the band were promoting Placebo’s eponymous debut album and went on to record the following 4 studio albums ‘Without You I’m Nothing’, ‘Black Market Music’, ‘Sleeping With Ghosts’ and most recently ‘Meds’.

Placebo have just returned from the USA where they were part of the high profile ‘Projekt Revolution Tour’ alongside Linkin Park and My Chemical Romance. The band are now taking a well earned break.

Brian Molko and Stefan Olsdal will begin work on Placebo’s 6th studio album next Spring and are in no rush to find an immediate replacement for Steve.

Voglio evitare assolutamente toni funerei o atmosfere cupe da "Kangaroo Died", e benchè il titolo di questo post possa far presagire il contrario, tenterò con dedizione di tener fede alla mia promessa. Lasciatemi però manifestare la mia tristezza privando le immagini dei loro colori originari; solo così potrò essere 'lucida' nel commentare l'accaduto: solo pubblicando i colori-non-colori dei miei pensieri a riguardo.

Sono triste, e questo l'avete compreso. Ma non voglio farne un dramma. In fondo la mente creatrice dei Placebo è Brian, e questo è noto sin dagli esordi. Segue il dolcissimo Stef, il cui estro timido e riservato ha dato vita a melodie deliziosamente malinconiche, quali ad esempio quelle di "Centrefolds". Solo per terzo poi, vi è Steve, un batterista energico e dinamico, la cui creatività si rivelava soprattutto durante le performance live, in quanto -a suo dire, e anche a nostro sentire- era in grado di rinnovare i singoli pezzi con nuove idee, nuovi ritmi, nuove vibes, di volta in volta ingegnate senza averle mai invocate di proposito. Un musicista prolifico in questo senso, ottimo nell'adornare e nell'impreziosire gioielli costruiti dalle mani di Brian e talvolta di Stef. E' proprio per questo che non mi voglio disperare: la genialità dei Placebo saprà essere ancora il loro lucente distintivo, 'the light divining, the light defining, the light deviding'. Ed è su quest'ultimo verbo che voglio soffermarmi: forse dividersi faceva semplicemente parte del destino predetto da quella luce divinatoria... Chissà.

Più che dal punto di vista musicale, dunque, sono dispiaciuta per la rottura di quello che era un 'fidanzamento' vero e proprio. Un'amicizia che credevo salda, indistruttibile. E' questo fondalmentalmente ciò che mi rattrista: sapere che il loro rapporto umano si è disgregato, disciolto, volatilizzato, eclissato. Un tramonto permanente, privo di un'alba desiderosa di sorgere. Le cose eterne mi impauriscono e al contempo mi affascinano: eccoli, i Placebo... qualsiasi mossa facciano e qualsiasi decisione prendano, sono sempre in grado di incantarmi con la loro magia.

Nell'annuncio che vi ho prima riportato dal loro sito ufficiale si dice che la separazione sia stata amichevole. Sapere che eventuali discussioni non abbiano avuto la stessa intonazione di "Broken Promise" ('...I'll wait my turn to tear inside you, watch you burn... and I'll wait my turn, to terrorize you...') mi lascia un brandello di speranza circa una loro futura riappacificazione dal punto di vista oserei dire sentimentale, visto che qui si parla di una "triple", come afferma Brian mediante la sua solita e seducente limpidezza descrittiva (da notare che spesso quanto appare nitido alla vista resta misteriosamente enigmatico di fronte alla ragione, e con ciò mi riferisco in particolar modo alle sue canzoni). Per il momento, però, le "differenze personali e musicali" non possono che sancire una fine, perciò è ancora prematuro pensare ad un inizio -o meglio, ad un nuovo inizio- anche perchè sappiamo bene cosa pensa Brian riguardo eventuali possibili rinascite: "We gamble to be born again, you know I never wanted to", oppure "It's horrid to see you again, now that you're back from the dead"...

Brian e Stef invece si sono sempre amati alla follia, ed è per questo che voglio sperare che la loro relazione possa durare in eterno. Dico ciò con una punta di egoismo, lo ammetto. I Placebo, infatti, sono oramai una parte di me e non vorrò mai e poi mai dovermi ritrovare, un giorno, a veder crollare ciò che dentro di me è molto saldo. Cosa potrebbe accadere in tal caso...? Come minimo mi disgregherei anch'io, pezzo dopo pezzo, in un puzzle la cui ricomposizione risulterebbe impossibile da effettuarsi. Perciò ve lo chiedo "down on my bended knees", non lasciatemi "swinging from the tallest height, with nothing left to hold on to"!

Con queste ultime due foto -che fino a qualche giorno fa rappresentavano solo il passato, ma che ora, magicamente, si sono tramutate in un simulacro del presente e del futuro- vi lascio. Ma prima, però, un ultimo commento: non era il bimbo più bello del mondo? (domanda retorica -nonchè colma di retorica in se stessa- riferita a Brian, primo bambino seduto a partire da sinistra. Per dovere di cronaca: l'ultimo a destra è Stef, notoriamente il più alto della classe).

martedì 2 ottobre 2007

NOT a Waste of Paint

Non sono sublimi?

Trovo che le copertine completino i dischi.

Di fatti dei dischi che amo, amo di riflesso anche le loro covers poichè non posso fare a meno di comprenderle in quel tutto che è l'album.
La copertina esprime il lato visivo del cd. Ingloba le immagini dipinte nelle canzoni cercando di coglierne l'atmosfera di fondo.

Ogni autore ha un proprio stile. Sebbene non sia lui stesso in prima persona a progettare l'artwork, spetta comunque a lui l'ultima parola. In fondo si tratta di rendere iconograficamente la sua anima. Perchè è questo quello che le canzoni sono: dei pezzettini di anima messi nero su bianco su un block notes, su un fazzoletto, su uno spartito. E infine su di un libretto all'interno del disco di appartenenza.

Secondo me si viene a creare una vera empatia tra l'artista che crea l'arwork e l'autore per cui lavora - per non parlare dei casi estremi in cui i due soggetti in questione si innamorano e fanno un bambino (del tutto casuale riferimento a Brian...). Insomma, c'è un qualcuno che ha il compito di esprimere un qualcun altro, il che dubito si possa fare così, su due piedi, senza un minimo di studio della persona che ti sta di fronte e delle sue creazioni.

Voglio a questo proposito donarvi pochi versi, scritti da Conor. Mi raccomando, prestategli la giusta attenzione, è una delle sue mille meraviglie: "I have a friend, he is mostly made of pain. And he wakes up, drives to work, and then straight back home again. He once cut one of my nightmares out of paper. I thought it was beautiful, I put it on a record cover. And I tried to tell him he had a sense of color and composition so magnificent. And he said..." (quello che dice non ve lo dico, vi tengo in sospeso finchè non pubblicherò un intero post su questa canzone, cosa che ho intenzione di fare presto).

Ora, mi piacerebbe tanto annoiarvi a morte addentrandomi nella ricerca del significato di questa o quella copertina degli album dei Bright Eyes. Purtroppo, però, non posso ancora farlo poichè ancora non ho tutti gli elementi necessari per tentare di raggiungere la verità. Credo, invece, che per gli album dei Placebo potrei scrivere pagine e pagine... Loro sì che li ho risucchiati in me, completamente. Ma niente paura, questo processo di assorbimento radicale sta avvenendo anche con la musica di Conor, perciò pazientate ancora un po' e presto potrò adempiere il mio compito ingrato di stancarvi con i miei viaggi mentali.

Forse vi starete chiedendo perchè io, oggi, abbia voluto scrivere proprio riguardo questo argomento, o forse -cosa ben più probabile- non ve lo sarete chiesti per niente, ma io ho intenzione di dirvelo lo stesso.

C'è un motivo preciso di queste specifiche copertine, ed è anche molto semplice: questi sono i cd che mi sono regalata oggi (o che, meglio, mi sono fatta regalare da mia mamma -visto che ha pagato lei-). C'è da dire comunque che questo è solo un assaggio rispetto ai cd dei Bright Eyes che ancora mi stanno aspettando sugli scaffali dei negozi di musica. Questo è tutto quello che ho trovato oggi. A voi sembrerà molto, ma in realtà è solo una piccola parte. Secondo voi dovrei accontentarmi, lo so, ma io ho seriamente intenzione di averli tutti. Uno dopo l'altro. La missione è appena iniziata...

Appena uscita dall'università mi sono catapultata nel negozio di musica (non quello dove vado di solito, visto che lì, molto "gentilmente", mi hanno detto che quello che cercavo era fuori catalogo... Ma dove vivono?!!). Non era tardi, era solo mezzogiorno quando mi sono recata tutta di fretta agli scaffali della lettera 'B'. Non si sa mai, ho pensato, che qualcuno possa venire a 'rubare' ciò che è mio di diritto; meglio accorrere subito quando si sente una voce che ti chiama. Arrivata alla lettera 'B', beh, quello che vedete qui raffigurato è esattamente quello che ho preso. Ho controllato i cd uno ad uno, nei minimi dettagli, onde evitare di comprarli già rovinati -per chi ancora non lo sapesse, io ho un comportamento maniacale nei confronti dei mei cd... addirittura non permetto a nessuno di toccarli, anche se poi mia madre osa spolverarli senza chiedermi il permesso...-

Ma secondo voi la mia attenzione maniacale nei confronti di quei pezzi d'arte che stavano per entrare in mia sola proprietà, è valsa a qualcosa? ...Ovviamente no! E come è oramai da tradizione, uno tra i cd dei miei artisti preferiti deve essere per forza rovinato sin dalla nascita... Questa volta è stato il turno di 'Digital Ash in a Digital Urn' (ossia il terzo che compare qui): povero dolce tesoro! Ha la copertina un po' spiegazzata di lato! E mentre tentavo di accarezzarlo per non farlo piangere, dentro di me maledicevo chiunque fosse stato colpevole di tale orribile misfatto. Per la cronaca: tra i cd dei Placebo, 'Black Market Music' ha il tondino di plastica in cui si dispone il cd rotto. Tra quelli dei Muse: 'Showbiz' ha la custodia graffiata. Tra quelli dei 30 Seconds to Mars, '30 Seconds to Mars' non si chiude perfettamente... Non voglio pensare a quando comprerò 'Disintegration' dei Cure -che ancora purtroppo mi manca-... ho come la vaga sensazione che lo troverò a pezzi!

Ma a parte questi spiacevoli inconvenienti, dovete sapere che sono stata fino all'una con in mano il mio plico di cd... li tenevo vicino al mio petto, come se fossero degli esserini da proteggere. Ad un certo punto però mi faceva male la mano, così li ho messi nel cestino della spesa che danno all'entrata, insieme al mio nuovo Rolling Stone - ehm... ero, diciamo, l'unica con in mano il cestino... la gente un po' mi ha presa per pazza :) All'una e mezza poi è arrivata la mia mammina e abbiamo (...ha) pagato.

Una volta a casa, ha avuto inizio il magico rituale della svestizione. Bisogna stare attenti a togliere il cellophane dai cd, tutto deve avvenire con la massima cautela. E' qualcosa di sacro per me... la sensazione credo che sia come quella di una donna che toglie i vestiti di dosso al proprio uomo prima di fare l'amore. Non c'è una voglia di scoprire? una sensazione di preludio a un qualcosa di meravigliosamente bello? un dolce tocco di sensualità?

Ora non vedo l'ora di caricare i cd sull'i-pod, solo che devo prima pensare a cosa dovrò cancellare.

lunedì 1 ottobre 2007

I'm medicated, how are you?

Non posso più farne a meno, oramai. Sento come un elastico che mi catapulta instancabilmente verso di lui. Ho bisogno di riempire la mia testa delle sue note e delle sue parole, avvolte così meravigliosamente in una trama di tristezza.
Sono irrecuperabile, lo so, ma paradossalmente adoro rotolare nel dolore. Perciò, se mi verrete a trovare in questo spazio virtuale, sappiate che I'll be wallowing in sorrow, wearing a frown, like Pierrot the Clown.

Me lo ha anche detto una mia cara amica una volta: io sono esagerata. Ha terribilmente ragione... Qual è il giusto mezzo? Io non ne ho davvero la più pallida idea. Se amo qualcosa, la amo in modo esagerato, e visto che -dicono- la chiave del benessere sta nell'equilibrio, credo proprio non starò mai bene.

Brian una volta era in Messico, in una libreria. Ha preso in mano un libro, un grande libro bianco se la memoria non mi inganna, e ha detto: "Jean Cocteau once said: 'A little bit too much is just enough for me'". Poi è arrivato Stef, che a sentire quelle parole ha aggiunto:"Too much of a good thing is simply wonderful". Detto questo, non voglio fare un elogio degli eccessi. Anzi, mi rendo conto di quanto possano avere conseguenze tragiche. Infatti io non intendo dare giudizi ad alcunchè. Non intendo dire: questo è giusto, questo è sbagliato. Intendo solo dipingere situazioni, le mie situazioni. E non mi importa se i miei quadri non saranno belli o espressivi come quelli dei grandi. Non ho alcuna pretesa. Voglio solo prendere in mano il pennello per il gusto di dire: 'Okay, questo l'ho fatto io; fa schifo, lo so, e allora? Se non altro è reale'. Perciò ora sono qui a condividere con non so chi questi miei waste of paint...


La malinconia non è bella, forse. Ma la musica malinconica è sublime. Perciò rimango volentieri nelle tenebre. Tanto so che ho sempre la mia luce: basta premere il tasto play... Tutto questo potrà sembrare strano, me ne rendo conto. Eppure è così semplice: I sat watching a flower as it was withering, I was embarrased by its honesty. Insomma, spesso mi sembra di vivere all'interno di una grossa bugia, dove ad ognuno di noi è stata assegnata una parte di cui è impossibile liberarsi -non sto generalizzando; sto solo riportando le immagini che appaiono attraverso le mie lenti, le quali ammetto talvolta possono riportare visioni distorte e incomplete- perciò stare a contatto con quella che io percepisco come verità mi fa sentire vera in prima persona. Quindi, I'm gonna give you only one reply, I know not who I am. But I talk in the mirror, to the stranger that appears. Our conversations are circles, always one sided, nothing is clear. Except we keep coming back to this meaning that I lack. He says the choices were given, and now you must live them, or just not live. But do you want that? Per farla breve: ho bisogno di trovare un significato, perciò perchè non servirmi di queste opportunità che la musica mi concede?


Mi risuonano nella mente queste parole, ora: "And I never thought this life was possible, you're the yellow bird that I've been waiting for; the end of paralysis, I was a statuette, now I'm drunk as hell on a piano bench, and when I press the keys it all gets reversed, the sound of loneliness makes me happier". Ti ho trovato! Ti ho trovato! Anzi, direi quasi che tu hai trovato me! Ma come posso aggiungere altre parole alle tue? Io vorrei spiegarmi, vorrei spiegarti. Eppure adesso non ne sono capace. La tua perfezione mi impedisce di completare l'opera. Sento pateticamente di pensare attraverso i tuoi pensieri, benchè tu ora sia non so neanche dove. Allora mi imbevo della tua arte, sfruttando ogni virgola di questo dolore per raggiungere il tuo. Il mio lato razionale disapprova: basta vivere vite che non sono tue! Ma la parte di me che è fatta di note se ne frega e tenta in tutti i modi di prendere quel treno: "But a kid carries his Walkman on that long bus ride to Omaha"...

Posso capire che risulti come minimo particolare pensare a una persona come un 'uccellino giallo', ma in realtà ha un senso, e questo senso lo si ritrova in un'altra canzone, la quale è precedente a quella che ho citato all'inizio di questo paragrafo. Mi dispiace poter riportare solo le parole. Vorrei tanto poter 'scrivere' la loro voce e la loro musica: ne sareste ancora più affascinati. Comunque, ecco la "strofa-presagio", che suona magicamente come un dolce oracolo alle mie orecchie: "Did you forget that yellow bird? But how could you forget your yellow bird? She took a small silver wreath and pinned it onto me, She said this one will bring you love. And I don't know if it's true, But I keep it for good luck".

Intanto io ti ascolto, è come se mi stessi parlando. Per un momento mi chiamo Laura e mi dici: "But you should never be embarrassed by your trouble with living, 'cause it's the ones with the sorest throats, Laura, who have done the most singing!" Quindi mi consigli di continuare a fare ciò cha amo, mettendoti in bocca parole che non sono tue: "Let's take a dive and swim right through sophisticated points of view". Aggiungi anche: "We might die from medication, but we sure killed all the pain, but what was normal in the evening by the morning seems insane. And I'm not sure what the trouble was that started all of this, the reasons all have run away, but the feeling never did. It's not something I would recommend, but it is one way to live, 'cause what is simple in the moonlight by the morning never is".


Ecco la mia risposta: sta' tranquillo. Io continuerò a prendere le mie Meds, costi quel che costi.






venerdì 28 settembre 2007

"Mi è giunto alle orecchie nella melodia più dannatamente bella che ci sia"

"A heart just can't contain all of that empty space. It breaks. It breaks. It breaks..."

"Un cuore non può contenere tutto quello spazio vuoto. Si spezza. Si spezza. Si spezza..."

Quello che manca e vorremmo può far male tanto quanto quello che c'è e non vorremmo. Quando lo spazio vuoto diventa tangibile: questa è la disperazione...

giovedì 27 settembre 2007

"Road To Joy"

Ieri sera ho fatto quello che più mi piace. Sdraiata sul letto, con la luce soffusa, ho ascoltato la mia musica. Adoro ritirarmi nei miei pensieri... No, non fraintendetemi, non intendo dire che i miei pensieri siano speciali. Piuttosto potrei dire che sono come un contenitore; basta saperlo riempire bene...
E' da tempo che lo ascolto. L'ho scoperto nello stesso periodo in cui ho conosciuto i Placebo, solo che, nel farmi prendere dal loro mondo, non ho avuto la possibilità di andare più a fondo. Ora invece che ho assorbito dei Placebo tutto quanto, come una sanguisuga, posso 'concedermi il lusso' di approfondire, diciamo, alcune vecchie conoscenze. Ricordo la prima volta che ho sentito una sua canzone; in realtà la ho al tempo stesso sentita e guardata, attraverso il relativo videoclip. Le immagini completavano la canzone meravigliosamente, ma non era uno di quei casi in cui sono necessari una serie di fotogrammi ben fatti per poter coprire la pochezza di certe note accostate in modo tale da non saper comunicare molto, se spoglie di un supporto visivo.

"First Day of my Life": è il titolo della canzone che mi ha consacrato definitivamente -e già al primo ascolto- nella schiera dei suoi ammiratori. Forse quelle parole, già a partire dal titolo, apparso in sovraimpressione alla fine del video, non erano un caso: this is the first day of my life, glad I didn't die before I met you...

Questo verso continuava a risuonare nella mia testa quasi come se fosse la sigla di un nuovo episodio della mia vita, e a dire il vero non ne avevo tutti i torti.

Nel video lui non compariva. A lungo sono andata avanti ignorando quale fosse il suo volto, quali le sue espressioni mentre canta, quale il suo sguardo perso nell'orizzonte della musica, quali le dita creatrici di tali armonie. Inizialmente non sentivo neanche il bisogno di sapere tutto quanto: la sua voce era così avvolgente da essere già completa. Insomma, lui era le immagini che la sua musica creava e di certo tale bellezza era più che sufficiente per sentirlo 'under my skin', ossia, nell'animo.

Non so il perchè, ma avevo avuto la sensazione che Bright Eyes fosse il nome d'arte di un artista unico, e non quello di una band. Probabilmente ascoltare un'unica chitarra acustica accompagnata da un'unica voce -inconfondibile- mi ha tratto in inganno, anche se poi alla fine non ne avevo tutti i torti. Conor Oberst: è lui i Bright Eyes. E' lui che scrive, è lui che canta e suona. Spesso i suoi testi sono adagiati al di sopra di note provenienti da un solo strumento, per lo più una chitarra acustica; altre volte invece la musica è più composita: ecco che entrano in gioco gli altri Bright Eyes. Questi musicisti però vanno e vengono, a parte uno, Mike Mogis, che fa coppia con Conor sin dall'inizio dei primi anni '90. Visivamente direi che sono proprio loro due i Bright Eyes, ma nella sostanza gli Occhi Splendenti sono quelli di Conor.

Ai tempi, dunque, non mi sono interessata a scoprire che sembianze avesse. L'ho già scritto: non mi serviva; mi sentivo così legata a quella voce e a quel pezzettino della sua arte con cui ero venuta a contatto, che quanto stesse al di fuori di questi confini non contava. Poi però ho dedicato gli anni successivi alla scoperta della mente più sublime della storia del rock (inutile dire che mi sto riferendo a Brian -Molko, s'intende- ) così che, inevitabilmente, tutto il resto è passato in secondo piano. Questo legame, quindi -per i motivi che ho già spiegato- è rimasto latente a lungo, fino a poco tempo fa.

Nel mio mp3 prima, e nel mio i-pod poi, c'è sempre stato uno spazio dedicato ai Bright Eyes: quelle uniche sei magnifiche canzoni che di loro conoscevo le ho sempre amate fino al midollo. Però presto mi sono resa conto che sei erano veramente poche, ed è stato così che prima di partire per le vacanze me ne sono scaricate un'ulteriore cinquantina. Che dire, quest'estate è avvenuta la svolta. Ho scoperto delle canzoni stupende, così piene di anima da sentirmi quasi soffocare per la troppa bellezza. In casa, al mare, non avevo l'accesso ad Internet, non potevo documentarmi sul prodigio che stava avvenendo in me. Però potevo continuare ad ascoltare e a nutrire la mia malinconia di tali suggestive note.
Fin da subito ho amato di Conor la sua voce, e quest'estate ho avuto modo di amarla ogni minuto sempre di più. Non si tratta solo del timbro (su questo aspetto Madre Natura è stata assai generosa): c'è molto di più nella sua voce, molto di più di uno splendido suono.

Innanzi tutto pronuncia l'inglese in maniera sublime (tanto sublime che se l'Anonimo del Sublime fosse stato in vita le avrebbe dedicato un intero capitolo del trattato, eheh!). Come dire... è speciale. Ogni singola parola, per mezzo delle sue labbra, diventa preziosa e affascinante; anche le parole apparentemente meno importanti, come delle semplici congiunzioni, dette da lui assumono un'aura incantata, meravigliosa. La sua voce le modella, le plasma in un modo tutto suo... un modo che a me lascia letteralmente affascinata. Sogno di avere una pronuncia simile, lo sogno spesso (se qualcuno dall'alto mi volesse invece concedere quella di Brian, è ugualmente ben accetta, ihih!). Peccato che i sogni son desideri, ed io non sono Cenerentola.

Ad ogni modo, mi piacerebbe molto andare a fare pratica sul luogo... raggiungerlo in Nebraska (ho trovato finalmente una scusa per andarlo a trovare... la lingua inglese ^_^) e più esattamente nella sua cittadina: Omaha. Ecco, prendiamo ad esempio questa parola: il modo in cui la prinuncia Conor la rende già piena di significato. A me lascia senza fiato... Per non parlare poi di come pronuncia il titolo del suo ultimo album, "Cassadaga" (anche questo nome di città): è capace di farmi raggiungere uno stato di beata esaltazione attraverso un unico suono. Mica male...

Abbiamo appurato che sentirlo parlare mi dà alla testa (nel senso buono del termine)... vogliamo parlare poi di quando la sua voce si interseca col suono delle sue chitarre? Come minimo posso dire che qui accade un'altra magia. Adoro quando sussurra e adoro quando urla. Adoro come scelga di allungare le consonanti e non le vocali. Adoro il suo canto sincopato: la voce tremolante, le frasi spezzate, i fuori tempo così perfetti da renderlo unico. La sua perfezione sta nell'imperfezione manifestata e voluta. La rima è talvolta appositamente non ricercata, talvolta invece ricercata. Quando c'è, è intelligente e sorprendente: non scade mai nella monotonia, anzi, viene utilizzata come potente mezzo per decorare la storia. I testi, di fatti, sono pura poesia. Ogni verso riflette la sua genialità e la sua innata capacità di raccontare, esprimere e osservare. Amo ritrovarmi nelle sue parole, vedere che la pensiamo allo stesso modo; solo che il modo in cui dice le cose è tutt'altro che banale. Non trovate che veder tradotto un proprio pensiero attraverso il filtro della poesia sia di quanto più affascinante si possa chiedere all'arte?

Io amo l'inglese, da sempre. Vedere una persona in grado di servirsene in maniera così acuta è per me un piacere infinito. Letteralmente. Una tale conoscenza della lingua non è per nulla scontata, nemmeno per un madrelingua. Io sono la prima a pensare che dovrei imparare a parlare e a scrivere meglio nella mia lingua. Non tutti siamo dotati della capacità di servirsi di uno strumento alla perfezione, in modo da saperne trarre ogni più piccolo vantaggio. Ci vuole... talento. E Conor ne ha sinceramente da vendere.

...Ho come la strana sensazione che potrei continuare a scrivere di Conor all'infinito. Mi conviene fermarmi qui per ora, prima che faccia notte fonda. Non penso che qualcuno abbia avuto il coraggio di leggere tutto questo post, e posso assolutamente capirlo. D'altronde, molto egoisticamente, sto scrivendo per me stessa. Perciò non ho il diritto di pretendere nulla.

Vi saluto lo stesso. Un bacio.