giovedì 17 gennaio 2008

"Perciò amami adesso, l'Inferno sta arrivando... l'Inferno è qui"

Stamattina ho trovato questo. Nascosto in uno dei miei libri, un foglietto contenente queste parole. Non mi meraviglio di tale nascondiglio, le pagine dei miei libri sono solite contenere i miei segreti. Solo che di questo ne ho rimosso del tutto il motivo. Il perchè, il come, il quando. Sono sicura che sia recente e che in origine fosse una canzone, una bruttissima canzone, non sapendo io nè suonare, nè cantare. A chi l'avevo indirizzata? Chi/cosa mi aveva fatto arrabbiare/intristire tanto? Ho solo la vaga sensazione che fossero un insieme di entità diverse, non un unico essere contro cui prendermela. Oggi comunque non ho tempo di ricordare, devo studiare.

Soffia il vento tra la pioggia
e punge e tocca e accarezza i nostri corpi.
Rimbomba il cuore nel mio petto
e frastuona i rintocchi dei miei pensieri
col suo suono possente, emesso avidamente.

Per la gola risale, per le labbra riappare
e nei tuoi occhi lo possiamo specchiare,
ma tra le mie braccia sole lo potremo curare,
perchè il mio animo è sventrato
da quando insolente te ne se sei fuggito.

A lungo ho navigato sotto il sole stellato,
passo dopo passo ho fragilmente volato,
di albero in albero ho sull'asfalto sciato
e al cancello del tuo oblio ho infine sostato.
Ore ed ore sembravo aver passato
quando invece solo pochi istanti ho avanzato.
E volti lo sguardo a ciò che è stato
a ciò che volevo e non ho mai avuto,
a ciò che ho sognato ed è subito svanito.

Allucinata, trovo le chiavi,
ma la serratura è difficile da penetrare:
è il buio che ho nell'anima che non mi vuole fare entrare.
Così mi rivolto su me stessa,
quasi volessi danzare, ma nè alla grazia
nè alla delicatezza potevo asprirare.
Solo ritornare a quello stato infernale,
solo rispolverare quel magone di vivere
che da anni espongo quale tetro segnale.
Solo riaccecarti di dolore: è tutto ciò che puoi fare.
Non si cambia una vita, se nessuno ti sa amare.

mercoledì 16 gennaio 2008

"A Poetic Retelling Of An Unfortunate Seduction"

Dove sono? In che mese mi trovo?”- Mi alzo dal pavimento gelido. Sento di essermi appena svegliata, ho ancora gli occhi appannati. Li strofino ferocemente, presa da un raptus di agonia - “E’ quel dormiveglia che ti annienta lo spirito“, penso.
Già, perché sotto le palpebre quelle visioni sono ancora vive, benché coscienti di esser sul punto di esalare il loro ultimo, affannoso respiro. Come tutti i moribondi infelici di dover passare a miglior vita, anche loro lottano per sopravvivere.
Non ho ancora terminato i miei studi di legge, ma oggi sarò giudice, toccherà a me emettere la loro sentenza. “Non conosco bene i fatti... Li vedo danzare qui davanti a me, ma non li ricordo veramente” - Oso contraddirmi. “Un buon giudice non lo farebbe mai” rimprovero a me stessa, mentre rintronata mi tocco la testa, quasi per addurre al mio cospetto, unica Corte di giustizia, una qualche prova della mia esistenza.
Non è da molto che sono tornata, non ho passato molto tempo via da qui“ - Di nuovo, delle macchie puntiformi sui miei occhi mi catapultano al di là di quanto mi è dato sapere. Sono a terra.
Una scossa elettrica mi attraversa le membra, sento il cervello come in fiamme. Apro gli occhi: buio. Ho la faccia spiaccicata sulle mattonelle e le mie labbra socchiuse si ringalluzziscono per la polvere che hanno involontariamente ingoiato. “Hum hum, hum hum” - tossisco disperatamente e al contempo mi ritrovo il viso colmo d’acqua salata - “Piango per spegnere le vampate di fuoco”- penso attraverso il mio corpo, in quanto la testa è posta subito a riposo - “Piango per non arrossire”.
Sento le parti di me come disgregarsi in tanti piccoli puzzle. Se li ricomponiamo tutti otteniamo dei pezzettini di me, e se li assembliamo, forse ritorno integra.
Non sento la verità” - blatero - “Non la sento”. Ho focalizzato troppo a lungo quei puntini: come il mio corpo, anch’essi si ritrovano a sé stanti dalla massa. “Il tutto per il niente. Il niente quale tutto”, osservo con naturalezza, mentre tento di sedermi per poi rialzarmi, come un bimbo che muove i suoi primi passi. Solo che ritrovo il soffitto quale suolo e le piastrelle quale tetto: “Credo di essere capitombolata”.


Un ulteriore tentativo di rinascita da tale stato comatoso, mi spinge a ripetere l’inconsueta operazione. Sì, credo di reggermi sulle piante dei miei piedi, ora.
Cosa mi è successo? Chi mi ha fatto questo?” - il solo fatto di pormi dei quesiti sarà pure un buon segno. La mia vista si accorgerebbe di quanto la testa mi stia girando, se solo non avesse fisse davanti a sé quelle immagini. “Ma cosa significa!” - grido a più non posso, strimpellando stonata delle note di voce a mo’ di canzone. Il motivetto sembra non trovare seguito nella mia mente, e come una hit non gradita al pubblico, rimane impietrita in quell’unico istante in cui viene condivisa. In quel momento, ero la spettatrice di me stessa.
Now I know a disease that these Doctors can’t treat. You contract on the day you accept all you see is a mirror and a mirror is all it can be, a reflection of something we’re missing.
Voglio fare le cose per bene. Non so da quale forza mistica sia ora posseduta, ma ne voglio venire a capo. “Specchio” - chiamo ad alta voce, nell’illusione delirante che mi possa ascoltare e che possa rispondere al mio invito il quale, se mi aveste sentito, avreste scambiato per un ordine.
Perentoria nei toni e nei movimenti mi trascino tra le stanze della casa, e mano a mano che avanzo mi sento sempre più piccola e come all’interno di un vasto intricato labirinto. Selvaggia, roteo su me stessa, accompagnandomi nella danza al moto vertiginoso della Terra, quale fittizia fonte della mia flebile energia. E la rotatoria che delineo quale scarsa ballerina compone indisturbata le sue figure, proiettando nello spazio vuoto della memoria, immagini corporee e sfocate.
Quale amante della musica, odo melodie mute. La loro sordità non ne assorbe il significato - “Mio unico elemento di certezza, amica delle notti più tetre” - riconosco tutt’altro che stupita, producendo suoni per nulla melodiosi, ma striduli e assordanti per lo strisciare delle punte sulla terra.
Lentamente mi accosto alla fredda finestra della stanza in cui sono or ora finita. “Tutto quel girare mi ha condotto qui” - fatalmente ammiro. La mano destra, ancora tremolante per effetto dell’appena trascorso volteggiare, si fa ansiosa e assetata, e con uno scatto istintivo scosta a lato la dorata tenda che sovrasta la vetrata.



E’ ruvida al tatto, e un po’ me ne accorgo. Bene, i miei sensi stanno rinvenendo da quell’anomalo stato di quiescenza presto tramutatosi in delirio. La dorata tenda è di un materiale trasparente: volendo, si può intravedere cosa vi sia al di là. Io però ne ho abbastanza di questi vedo-non vedo, di questi ambigui indizi disseminati davanti alle pupille dei ricordi, di questi puntini privi di un insieme - “No, voglio trasparenza”.


Con fare smanioso completo l’opera. “Eccola la trasparenza del vetro” - sorseggio, assetata di verità.
Fuori, i colori delle illuminazioni allietavano la notte. Gli alberi in festa erano addobbati con grazia e i balconi delle case al di là della via splendevano iridescenti nella loro spensieratezza. Ad un tratto, noto il mio riflesso. Come un ritratto alquanto opaco, mi fissa sentenzioso. “Pronunciati, ti ascolto” - sussurro mentre sosto nel limbo tra me e me.
Mi ritiro nell’attesa.
All’improvviso, un flash. Tutto mi appare chiaro. Non ho bisogno di parole per comprendere una canzone strumentale, solo concentrazione. Se chiudo gli occhi, ora, o se li apro, vedo esattamente la stessa immagine, malinconica e felice in un solo colpo. Le chiazze puntiformi si erano riunite in collegio e avevano decretato, per me, la loro limpidezza.
Finalmente la vista aveva ripreso a funzionare, e con lei, tutto il mio corpo. Era semplice, ora: “Oh we're so very precious, you and I. And everything that you do, makes me want to die”.
Per la prima volta, ero stata innamorata.

mercoledì 2 gennaio 2008

...'Cause I've Been Feeling Sentimental For Days Gone By

Manco da un po' su queste pagine nere. Manco a me stessa, evidentemente. "Well, I have locked my actions in the grooves of routine, so I may never be free of this apathy"; la foga della quotidianità ti annebbia la vista. Ti cotringe a rimandare ciò che senti ora a data da destinarsi. Ti obbliga a procrastinare i pensieri, i sospiri... perlomeno quelli scritti. Già, perchè, nonostante la furia della routine, non ci è dato liberarci dalla trappola di preoccupazioni che attanagliano la nostra mente, impegnata per suo conto in ben più serie attività. "Caught in a trap that you cannot escape": questo verso risuona spesso dentro di me; in fondo è inevitabile darsi in pasto al destino e... "and it isn't exeptional the course of our fate, 'cause people love and they hate, and I guess it's just our turn to hate".

Un altro anno è passato. Morto. "And these clocks keep unwinding and completely ignore everything that we hate or adore. Once the page of a calendar is turned it’s no more. So tell me then, what was it for? Oh tell me, what was it for?" . Conor sembra essere ossessionato dal passare del tempo ed io, quale amante appassionata delle sue liriche, non posso che assorbire tutte le sue paure - oltre che inspessire quelle che già risiedono in me. Sarà per questo che spesso le mie amiche hanno trovato controproducente la mia profonda dedizione ai Placebo. Ma che posso dire? Questo è semplicemente il mio modo di amare. Sarà sbagliato e deleterio, ma d'altronde è sempre amore e da "hopeless romantic" quale quella che sono, non posso che pensare che l'amore abbia sempre ragione.

Così mi ritrovo a immaginare catastrofi, e, come contrappeso, a pianificare salvezze. Temo per quel giorno che prima o poi verrà, non so quando, ma verrà: "They say they don't know when but a day is gonna come, when there won't be a moon and there won't be a sun. It will all go black, it will all go back to the way it was before [...] It will all go black. It will all go back to the way it is supposed to be". Dove sarò io allora? Dove sarò? Sarò ancora qui a testimoniare la mia fine? "To shed this skin, be born again, it starts with an ending". In un magico istante mi vedo ridiventare polvere di stelle e celebrare il mio inizio attraverso la mia fine: "Now I'm staring at the sun, waiting for it to explode, because a day is gonna come, don't know when but it will come. And we'll finally know the way out of here... And I'll throw away this wrinkled map, and my chart of stars and compass, cracked. And I'll climb that tree all wet with sap to avoid the hungry beasts below. I'll cut out my lover's tongue and sing of a graveyard gray and a garden green. And we won't have to worry no more, no we won't have to wonder again about how this song or story ends, about how this song and story will end".

Per un attimo ho sentito l'esplosione, sapete? A ritmo sempre più intenso, le mie pulsazioni sono arrivate alle stelle, sino a diventare parte di quel botto finale e al contempo primordiale che rigenera l'universo in un nulla eterno, buio e vuoto: "When the planets will align, there will be no planets to align, just the carcass of the sun and little painted marbles spinning senseless through an endless black sky".

So che fanno raggelare il sangue, ma non abbiate paura di queste mie considerazioni da epilogo eterno perchè, ora, ho capito, "I almost forgot who I was, but came to my senses": le parole di Conor non sono la morte, ma la vita! "No matter how I may wish for a coffin so clean or these trees to undress all their leaves onto me. I put my face in the dirt and then finally I see the sky that has been avoiding me": non è chiaro anche per voi, ora? Mai come in questo momento sono riuscita ad essere così coscientemente all'interno di questi ultimi versi. Quasi avevo dimenticato, ma tutto mi riappare cristallino. Non importa quanto possa desiderare o temere una via di fuga assoluta da questo mondo così complicato e meschino ("from the madness of the government, to the vengeance of the sea"), appena sotterro la mia faccia nel fango ecco che finalmente riesco a scorgere il cielo, quello bello e azzurro, che ha da sempre voluto miseramente evitarmi. Tale miracolo è creato per me dalla penna dell'artista, dal suo genio e dalla sua bellezza. "So close to dying that I finally can start living". E ancora una volta torniamo a parlare del ruolo della musica all'interno della mia vita. Io mi sento come inchiostro, nelle sue mani da disegnatore. Mi sento nylon sulla sua chitarra classica, e metallo su quella acustica, folk ed elettrica. Mi sento amplificatore sul legno del suo palco, e mi sento nota sulle sue labbra da poeta. Sorrido, ora, ripensando a queste mie parole, poichè è probabile che il Conor tredicenne, se potesse concretizzarsi qui davanti a me, direbbe: "And me I'm in my bedroom, drawing in my notebook 'cause my hand thinks I'm an artist, but my heart knows I'm a poet. It's just words they mean so little to me, so little to me, so little to me...". Così tanto tempo è passato da quel "daddy's in the backyard, his hands are getting dirty, and momma's is in the kitchen and her cake says that I'm thirteen. Another year". Il Conor quasi ventottenne oggi, invece, prende atto di essere la meraviglia che è, ma ancora non si spiega il perchè e, anzi, vive il suo stato quasi come una maledizione: "All this automatic writing I have tried to understand, from a psychedelic angel who was tugging on my hand. It's an infinite coincidence, but it doesn't form a plan". Il tempo avanza, scandito dalle mani di un pazzo, al suono di tamburo ("Time marching on to a madman's drum") e noi non possiamo farci niente, siamo impotenti di fronte alla reale grandezza dei fenomeni. Il massimo a cui possiamo aspirare è realizzare di esserci e perciò non sprecare il tempo che ci è dato gratuitamente a disposizione. Parole sante, Conor. Il 2007 è acqua passata, il 2008 un drink ancora in preparazione. Non ci resta che festeggiare, allora, la nostra nuova consapevolezza: "And so I raise my glass to symmetry, to the second hand and its accuracy, to the actual size of everything, the desert is the sand. You can't hold it in your hand, it won't bow to your demands. There's no difference you can make, there's no difference you can make. And if it seems like an accident, a collage of senselessness, you aren't looking hard enough. I wasn't looking hard enough... at it".

Tutto questo mi fa credere all'esistenza di un destino. Sì perchè, se guardo indietro, quanto di bello abbia ricevuto dall'anno appena trascorso lo sento come premeditato da una mente suprema. Certo, quanto a numeri, le esperienze da favola non superano le dita di una mano, ma alla fine so che come la tristezza più ostinata, rimarranno dentro di me per il resto della mia vita: "Well I've cried, and you'd think I'd be better for it, but the sadness just sleeps and it stays in my spine for the rest of my life". Credo fermamente a chi sostiene che la vita ti risponde dopo anni (grazie alla mia amica Elisa per avermi aperto le porte verso l'orizzonte di Baricco) poichè "all in time, clocks keep waving their hands, doing all that they can to get our attention, but... the days fly away" . Non importa quanto gli orologi della nostra vita riescano a sbracciarsi, sventolando verso di noi le loro lancette nel disperato tentavivo di indirizzarci grandi moniti. Noi siamo sordi al loro ticchettare... "Tick Tock... Tick Tick Tick Tick Tick... Tock!" cantano Brian (Molko) e David (Bowie) con le loro voci incantate come la strana infatuazione che sembra impreziosire la marea della sera. Solo dopo anni, quando colui che intreccia i fili di questa blanda esistenza lo riterrà opportuno, ritroveremo la strada per la verità, e molto di quanto ci appariva come un collage di insensatezza, risulterà essere un' amabile ritrovata scoperta. "I... take the plan, spin it sideways": possiamo fare la differenza, possiamo amare, possiamo essere amati, poichè in fondo tutto quello che vogliamo è questo, "we have a problem with no solution but to love and to be loved", pur comunque nella consapevolezza che nanche quel genio della mia adorata Elisa potrebbe risolvere questo quesito così artisticamente algebrico. Non è colpa tua, non è colpa mia, non è colpa di nessuno. Ma tutto questo ha un senso, eccome se ce l'ha: "We'll just keep working on the problem we know we'll never solve of Love's uneven remainder, our lives are fractions of a whole...". Non arriveremo mai alla soluzione, è vero, ma non importa... la risposta non sta nello scioglimento del dubbio, bensì nel tentativo di trovarla. Non è una conclusione fantastica? Insomma, è come un tocco di magia in istanti grigi e bui. Come direbbe Céline a Jesse, seduti su delle travi abbandonate in un vicolo di Vienna: "You know, I believe if there's any kind of God, it wouldn't be in any of us. Not you, or me... but just this little space in between. If there's any kind of magic in this world, it must be in the attempt of understanding someone, sharing something. I know, it's almost impossible to succeed, but... who cares, really? The answer must be in the attempt."


Detto questo, posso realmente pensare di aver trovato Dio. Il 2007 mi ha fatto ritrovare Conor, dopo anni di amore tacito... "I don't remember waking up that Sunday. I don't think I ever slept. I just sat there thinking, "God damn, this must be what praying is like." Già, ecco come pregare dev'essere: una comunione spirituale con la Verità... ed io vorrei gridare al mondo di averla trovata: "If I could just speak up I think I would say that there is no truth. There is only you and what you make the truth". In altre parole: "You're the truth, not I". Altro prodigio dell'anno: due concerti strepitosi, i quali, da soli, meriterebbero mille post cadauno: in ordine cronologico, 30 Seconds To Mars e Placebo. Davvero i due giorni più belli di tutto l'anno, giorni in cui "he'll be smiling as he seals my fate, when the Brakeman turns my way". Un anno, questo, tutto pieno di amicizia; mai come in questo anno non ho pensato: "You said you hate my suffering, and you understood, and you’d take care of me. You'd always be there. Well, where are you now?". Quest'anno i miei amici, quelli veri, non mi hanno lasciata sola. Mi hanno capita. Mi hanno coccolata. Mi hanno amata. Sarò loro sempre grata di questo. Infine, tra le ultime pagine del calendario, un giorno di Novembre ha voluto regalarmi quel caldo respiro a cui aspiro da anni nella solitudine della mia cameretta, il che si può sintetizzare così: "Just give me November, the warmth of a whisper in the freezing darkness of my room". Un gioco di sguardi, un intreccio di destini, una canzone dalle liriche infinite, una speranza risorta dalla terra in cui giaceva defunta. Un addio, un arrivederci, un saluto silenzioso. Un a tra poco, un a mai più: "You could never understand the motions of a hand waving goodbye. But as the story goes, or it is often told, a new day will arise and all the dance halls will be full of skeletons that are coming back to life" ...Dall'inconsapevolezza alla realizzazione: "Soon all the joy that pours from everything makes fountains of your eyes because you finally understand the movement of a hand waving good-bye".


Vorrei piangere, ma non serve. Vorrei disperarmi, ma a che pro? D'altronde: "I've made peace with the falling leaves, I see their same fate in my own body. But I won't be frightened when I am awoken from this dream and returned to that which gave birth to me. Gave birth to me, gave birth to me, gave birth to me! And the story goes, and the story goes, and it goes on and on and on and on...". La storia continua, ed io sono curiosa di "sapere come questa canzone o questa storia finisce, come questa canzone o questa storia finirà": "So I am writing my own ending. I’ll let my pen bleed black or blue. And I will color in the meaning. It will be gold and green and true. And I’ll learn to love my new discovered proof... I’ll be grateful for this day. I will be grateful for each day to come".